Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso
ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato,  presso  i  cui  uffici
domicilia in Roma, via  dei  Portoghesi  n.  12,  contro  la  Regione
siciliana, in persona  del  presidente  della  giunta  p.t.,  per  la
declaratoria di incostituzionalita' dell'art.  5,  commi  1  e  2,  e
dell'art. 31, anche in relazione a quanto disposto  nell'allegato  2,
della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, pubblicata nella  Gazzetta
Ufficiale della regione Sicilia, supplemento ordinario n. 16  del  15
maggio  2015,  avente  ad  oggetto  «Disposizioni  programmatiche   e
correttive per l'anno 2015. Legge di  stabilita'  regionale»,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri 10 maggio 2015. 
    Con la legge regionale n. 9/2015 la Regione  siciliana  detta  le
disposizioni finanziarie (legge di  stabilita')  per  l'anno  1995  e
predispone, in raccordo con  la  legge  di  bilancio,  il  quadro  di
riferimento finanziario  per  il  periodo  considerato  dal  bilancio
pluriennale, al fine  del  raggiungimento  degli  obiettivi  definiti
nella relazione politico-programmatica regionale (RPPR). 
    La legge in epigrafe indicata contiene  talune  disposizioni  che
eccedono dalle  competenze  regionali  ed  invadono  quelle  statali,
ponendosi in contrasto con i principi costituzionali di cui agli art.
81, comma 4, e  117,  comma  3,  della  Costituzione,  nelle  materie
oggetto degli articoli  5  e  31,  come  andiamo  ad  argomentare  in
dettaglio. 
    I - 1. L'art 5 cosi' recita: «1. Il concorso al risanamento della
finanza pubblica a carico della regione, complessivamente determinato
in 1.385.383 migliaia di euro per ciascuno degli anni  2015,  2016  e
2017,  per  effetto  dell'ulteriore  onere  previsto  dal  comma  400
dell'art. 1 della legge 23 dicembre  2014,  n.  190,  e'  ridotto  di
98.638 migliaia di euro annui per effetto dell'intesa  sancita  dalla
Conferenza Stato-regioni nella seduta del 26 febbraio 2015. 
    2. All'onere di cui al  comma  1,  per  ciascuno  degli  esercizi
finanziari 2015, 2016 e 2017, si provvede quanto a  673.548  migliaia
di euro mediante utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione  ai
sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,  n.  135  e
successive modifiche ed integrazioni, e quanto a 613.197 migliaia  di
euro con risorse a carico del bilancio  regionale  (UPB  4.3.1.5.4  -
capitolo 219213).». 
    La norma in esame, quindi,  prevede  la  riduzione  del  concorso
regionale alla finanza pubblica, per ciascuno degli anni dal 2015  al
2017, di 98,638 milioni, a seguito dell'intesa sancita in  Conferenza
Stato-regioni. 
    2. La norma si pone in contrasto  con  l'art.  81,  terzo  comma,
della Costituzione per mancanza di  adeguata  copertura  finanziaria,
quanto meno relativamente agli anni 2016 e 2017. 
    Per vero, la regione giustifica la disposizione  con  riferimento
al  contenuto  dell'intesa  Governo,  regioni  e  provincie  autonome
repertorio atti n. 37/CSR del 26 febbraio 2015. 
    Tuttavia, l'intesa richiamata non risulta trasfusa  in  norma  di
legge e, comunque, e' priva di copertura, quanto meno  per  gli  anni
successivi al  2015;  peraltro,  la  legge  regionale  in  esame  non
prevede, nelle more dell'emanazione di norma statale  di  recepimento
la clausola di salvaguardia necessaria per garantire  la  neutralita'
finanziaria dei saldi di finanza pubblica, con la conseguenza che  la
prevista riduzione del concorso alla finanza pubblica comporta oneri,
privi di idonea copertura finanziaria, a carico  del  bilancio  dello
Stato in termini di saldo netto da finanziare pari a  98,638  milioni
per ciascuno degli anni dal 2015 in poi e, specificatamente, per  gli
anni 2016 e 2017. 
    3. Il secondo  comma  dell'art.  5,  qui  censurato,  destina  al
concorso agli obiettivi di finanza pubblica 673,548 milioni  di  euro
per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 (per complessivi  2.020,644
milioni) a valere sul Fondo per lo sviluppo e la  coesione  ai  sensi
dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012. 
    Peraltro, la regione non e' competente a disporre unilateralmente
del detto Fondo, il cui utilizzo e' subordinato  all'accordo  tra  la
regione  richiedente,  il  Ministero  delle  infrastrutture   e   dei
trasporti e il  Dipartimento  per  le  politiche  di  coesione  della
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (art.  11,  comma  8,  del
decreto-legge n. 35/2013). 
    Intesa che nella specie manca e neppure e' stata richiesta. 
    4. Nel merito, poi, si rileva che le risorse  FSC  programmazione
2007-2013 assegnate  alla  Regione  siciliana  ammontano  a  4.001,20
milioni di euro, cui si aggiungono 80,6 milioni ceduti dalla  regione
Puglia a fronte della cessione di spazi finanziari correlati al patto
di stabilita' interno e che a valere su tali  risorse  non  e'  stato
disposto  alcun  utilizzo  correlato  alle  finalita'  del  Fondo  di
sviluppo e  coesione,  tenuto  conto  dei  seguenti  utilizzi:  1.029
milioni per la copertura dei  disavanzi  sanitari;  445  milioni  per
ordinanze di protezione civile; 513  milioni  per  il  concorso  agli
obiettivi di finanza  pubblica  per  il  2013;  585  milioni  per  il
concorso agli obiettivi finanza pubblica per il 2014; per  un  totale
di 2.572 milioni. 
    Cio'  stante,  anche   se   la   Regione   siciliana   intendesse
definanziare tutti gli altri interventi gia' programmati dal  CIPE  a
valere su risorse FSC 2007-2013 assegnate alla Regione  medesima,  le
restanti risorse non sarebbero sufficienti per le finalita' dell'art.
5, comma 2. 
    Si segnala, inoltre, che la dotazione del FSC  2014-2020  non  e'
stata ancora programmata dal CIPE e che,  pertanto,  non  sussistono,
allo stato, risorse del FSC 2014-2020  di  pertinenza  della  Regione
siciliana. 
    5. L'art. 5 si pone, in conclusione, in contrasto con l'art.  81,
quarto comma, e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione,  sia
quanto alla mancanza  di  copertura  finanziaria  della  disposizione
normativa sia quanto all'incidenza  della  stessa  sul  coordinamento
della finanza pubblica che e' di competenza dello Stato. 
    Non servono ulteriori deduzioni per  giustificare  il  fondamento
delle censure formulate, stante  la  materiale  assenza  di  adeguata
copertura finanziaria per la disposizione in esame; bastera', quindi,
richiamare la  costante  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
nella materia, con la chiara ed  inesorabile  censura  di  tutti  gli
sconfinamenti  delle  leggi  regionali  dal  rigido  parametro  della
copertura finanziaria  delle  leggi  di  spesa  e  dalla  illegittima
interferenza con la potesta' statale sul coordinamento della  finanza
pubblica che ne consegue. 
    Si vedano, ex plurimis: 
    per  l'affermazione  del  principio,  Corte   costituzionale   26
febbraio 2013, n. 28: «E' costituzionalmente illegittimo  l'art.  24,
comma 3, della legge regionale n. 1 del 2012 della regione  Campania,
la quale autorizza ... senza quantificare gli oneri che ne derivano e
senza neppure individuare le  necessarie  coperture  finanziarie,  in
contrasto  con  l'art.  81,  quarto  comma,  Cost.  Inoltre  ...   si
ripercuote sull'art. 117, terzo comma, Cost.,  che  attribuisce  allo
Stato competenze legislative in materia di principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica.»; 
    per la necessita' dell'indicazione di una  copertura  finanziaria
in termini credibili e con riscontri precisi, Corte costituzionale  3
marzo 2011, n. 68: «E' costituzionalmente illegittimo l'art. 15 della
legge regionale 25 febbraio 2010,  n.  4  della  regione  Puglia.  La
disposizione prevede ... in tal  modo  violando  i  limiti  di  spesa
fissati ... con  conseguente  violazione  dei  principi  fondamentali
stabiliti in materia di coordinamento della finanza pubblica ai sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost.  Parimenti  violato  e'  l'art.  81
Cost., in quanto ... non  indica  una  copertura  delle  nuove  spese
derivanti dalla prevista stabilizzazione tale da  essere  "credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato
rapporto  con  la  spesa  che  si  intende  effettuare  in   esercizi
futuri".»; 
    per un quadro d'insieme dei principi costituzionali evocati e del
loro coordinamento e per la rilevanza di questi principi anche per le
regioni ad autonomia speciale, Corte costituzionale 6 marzo 2014,  n.
39: «... In materia di controlli funzionali ad assicurare,  in  vista
della  tutela  dell'unita'   economica   della   Repubblica   e   del
coordinamento della "finanza  pubblica  allargata",  inclusiva  delle
autonomie speciali, la sana gestione finanziaria del complesso  degli
enti territoriali,  nonche'  il  rispetto  del  patto  di  stabilita'
interno e degli obiettivi di governo dei conti pubblici concordati in
sede europea, v., ex  plurimis,  le  citate  sentenze  nn.  219/2013,
60/2013, 179/2007, 267/2006 e  425/2004.  -  Per  l'affermazione  che
l'accordo e' lo strumento per conciliare e regolare in modo negoziato
il concorso alla manovra di finanza pubblica delle regioni a  statuto
speciale, v. le citate sentenze nn. 60/2013, 118/2012  e  82/2007.  -
Nel senso che le modalita' positivamente determinate con cui gli enti
ad autonomia differenziata concordano con lo Stato gli  obiettivi  di
finanza pubblica ed esercitano le relative funzioni di  coordinamento
e di vigilanza sulla finanza locale non  attribuiscono  a  tali  enti
alcun titolo  di  esclusivita'  nello  svolgimento  delle  pertinenti
funzioni di controllo e vigilanza, v. la citata sentenza n.  60/2013.
- In relazione al controllo sulla gestione in senso  stretto,  v.  la
citata sentenza n. 29/1995. - Con riferimento all'art. 5 del  decreto
legislativo n. 149 del 2011 (nel testo  introdotto  dall'art.  1-bis,
comma 4, del decreto-legge  n.  174  del  2012)  che  attribuisce  al
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato poteri ispettivi e
verifiche sulla regolarita' della  gestione  amministrativo-contabile
anche nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera d), della legge  n.
196 del 2009, v. la citata sentenza n. 219/2013.». 
    La violazione dei surrichiamati precetti costituzionali da  parte
dell'art. 5 della legge regionale n. 9/2015 e' chiara. 
    II - 1. L'art. 31 cosi' recita: «1. Nelle more della  definizione
dell'accordo per il riconoscimento da parte dello Stato alla  regione
delle ritenute sui redditi delle persone fisiche che hanno  residenza
fiscale nel territorio  della  regione  per  un  importo  stimato  in
300.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2015  e  250.000
migliaia di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2016 e  2017,
nonche' della moratoria dei piani di ammortamento dei mutui contratti
con Cassa depositi e prestiti stimati in 150.000 migliaia di euro per
ciascuno  degli  esercizi  finanziari  2015  e  2016,   gli   importi
complessivi di 450.000 migliaia di euro per  l'esercizio  finanziario
2015, di 400.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2016  e
di 250.000 migliaia di euro per  l'esercizio  finanziario  2017  sono
accantonati in ciascun esercizio finanziario in un apposito fondo  in
cui  sono  iscritte  le  risorse  derivanti  dalle  riduzioni   delle
autorizzazioni di spesa riepilogate nell'allegato 2 per  gli  importi
nello stesso indicati. 
    2. Le economie derivanti dal minore  esborso  in  linea  capitale
negli anni 2015 e 2016, conseguente alla  rinegoziazione  di  cui  al
comma 1 dei mutui contratti con la Cassa depositi  e  prestiti,  sono
destinate alla  copertura  parziale  del  debito  in  essere  (U.P.B.
4.2.3.9.1). 
    3. Le riduzioni di spesa di cui al comma 1 sono ripristinate,  in
misura  proporzionale,  al  perfezionamento  delle  intese   con   il
Ministero dell'economia e  delle  finanze  e  con  Cassa  depositi  e
prestiti. 
    4.  Il  ragioniere  generale  della  regione  e'  autorizzato  ad
effettuare le variazioni di  bilancio  discendenti  dall'applicazione
dei commi 1 e 3. 
    5. L'art. 15 della legge regionale  13  gennaio  2015,  n.  3  e'
abrogato.». 
    La norma prevede, al comma  1  -  nelle  more  della  definizione
dell'accordo per il riconoscimento da parte dello Stato alla  regione
delle ritenute sui redditi delle persone fisiche che hanno  residenza
fiscale nel territorio della  regione  nonche'  della  moratoria  dei
piani di ammortamento  dei  mutui  contratti  con  Cassa  depositi  e
prestiti l'accantonamento in un  apposito  fondo  in  relazione  alle
riduzioni delle autorizzazioni di spesa riepilogate  nell'allegato  2
per gli importi nello stesso indicati. 
    2. Anche questa disposizione e' viziata per mancanza di copertura
finanziaria e connessa invasione della sfera  di  competenza  statale
per il coordinamento della finanza pubblica, come gia'  eccepito  per
l'art. 5. 
    In  primo  luogo,  si  eccepisce  che  non  risultano  in  essere
provvedimenti di riconoscimento da parte dello Stato, a favore  della
Regione siciliana, di somme a titolo di ritenute  sui  redditi  delle
persone fisiche che, hanno residenza  fiscale  nel  territorio  della
regione, con la conseguenza che  l'ipotizzata  copertura  finanziaria
e', oltre che genericamente indicata,  del  tutto  inesistente  (cfr.
sentenze sopra citate). 
    In secondo luogo, si rileva che l'allegato 2 citato prevede,  tra
l'altro, le seguenti riduzioni di spesa: 
    a) «Quota a carico della regione delle spese per il perseguimento
di obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati
dal Piano sanitario nazionale - cap. 413363» per 62,500 mln  di  euro
sull'anno 2015; 
    b) «Quota integrativa, a carico della regione, delle assegnazioni
di parte corrente del Fondo sanitario nazionale -  cap.  413302»  per
158,182 mln di euro e 109,275 mln di euro  rispettivamente  sull'anno
2016 e 2017. 
    Trattasi, in  buona  sostanza,  della  previsione  di  un  minore
finanziamento da parte della Regione siciliana della spesa  sanitaria
(obbligatoria) nella  percentuale  fissata  a  proprio  carico  dalla
legislazione vigente (legge n. 296/2006, art. 1, comma 830)  ai  fini
del finanziamento del settore sanitario  per  l'erogazione  da  parte
della Regione siciliana dei livelli essenziali di assistenza. 
    La disposizione, pertanto, comporta indebiti oneri a carico della
finanza pubblica e si pone in contrasto con gli  articoli  81  e  117
della  Costituzione;   come   piu'   volte   ribadito   dalla   Corte
costituzionale, il vincolo  del  rispetto  dei  principi  statali  di
coordinamento  della  finanza  pubblica   connessi   agli   obiettivi
nazionali, condizionati anche dagli obblighi eurounitari,  che  grava
sulle regioni ad autonomia  ordinaria  in  base  all'art.  119  della
Costituzione,  si  impone  anche  alle  regioni  a  statuto  speciale
nell'esercizio della propria autonomia finanziaria. 
    In  merito  agli  aspetti  sopra  evidenziati,  si  richiama   la
consolidata  giurisprudenza  costituzionale   che   ha   sancito   la
necessita' che tutte le autonomie, ordinarie e  speciali,  concorrano
al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica: 
    «Questa Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  affermare  che  non  e'
contestabile "il potere del legislatore statale di imporre agli  enti
autonomi,  per  ragioni  di  coordinamento  finanziario  connesse  ad
obiettivi nazionali, condizionati anche  dagli  obblighi  comunitari,
vincoli alle politiche di bilancio, anche  se  questi  si  traducono,
inevitabilmente, in  limitazioni  indirette  all'autonomia  di  spesa
degli enti" e che "in via transitoria  e  in  vista  degli  specifici
obiettivi di  riequilibrio  della  finanza  pubblica  perseguiti  dal
legislatore statale" possono anche imporsi  limiti  complessivi  alla
crescita della  spesa  corrente  degli  enti  autonomi  (cent.  Corte
costituzionale n. 36/2004). Tali vincoli, come questa Corte da  tempo
ha avuto modo di chiarire, devono ritenersi  applicabili  anche  alle
autonomie  speciali,  in  considerazione  dell'obbligo  generale   di
partecipazione di tutte le regioni, ivi  comprese  quelle  a  statuto
speciale, all'azione di risanamento della finanza  pubblica.»  (Corte
costituzionale n. 82/2007). 
    E' appena il caso di notare che  la  spesa  sanitaria  e  la  sua
suddivisione  fra  i  bilanci  delle  autonomie   costituisce   parte
rilevante della finanza pubblica nazionale e  che  il  riconoscimento
dell'autonomia legislativa delle regioni in materia di contabilita' e
bilancio, quale corollario della loro autonomia finanziaria, non puo'
e non deve prescindere dal rispetto dei principi fondamentali e delle
norme di coordinamento della materia, siccome previste  -  appunto  -
dall'attuale testo dell'art. 117, Cost., che al comma 3° prevede, fra
le materie di potesta' concorrente, il  coordinamento  della  finanza
pubblica e  del  sistema  tributario,  principi  tutti  stabiliti  in
funzione degli obiettivi  nazionali  e  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica adottati dal paese in virtu' dell'appartenenza dello  stesso
all'Unione  europea  (quali  ad  es.  il  rispetto  del   «patto   di
stabilita'» interno, avente ad  oggetto  il  concorso  delle  regioni
all'osservanza del «patto  di  stabilita'  e  crescita»  sottoscritto
dall'Italia in sede eurounitaria.) 
    La   determinazione   regionale   censurata,   appropriandosi   -
indirettamente  ma  inevitabilmente  -  di  fondi  statali,  viola  i
principi in materia di potesta' legislativa regionale e si  sostanzia
nello sviamento dell'esercizio della potesta'  legislativa  regionale
dal fine suo proprio di salvaguardia delle preminenti esigenze  della
collettivita'. 
    3. Peraltro, spetta alla legge di stabilita' statale  determinare
annualmente  il  livello  complessivo  delle  risorse  del   Servizio
sanitario  nazionale  al  cui   finanziamento   concorre   lo   Stato
(fabbisogno sanitario). 
    Detto  fabbisogno  nazionale,  nella  sua  componente  cosiddetta
indistinta (una quota del finanziamento e' vincolata al perseguimento
di determinati obiettivi sanitari), e' finanziato da varie fonti, fra
le  quali  la  compartecipazione  della   Regione   siciliana   nella
percentuale  fissata  dalle  leggi  dello  Stato,  in  sintonia   con
l'impegno statale di bilancio. 
    E' evidente che la regione non puo'  unilateralmente  ridurre  la
sua  quota  di  partecipazione  alla  spesa,  senza  una   preventiva
legittimazione da parte dello  Stato  che  contribuisce  al  restante
fabbisogno  con  risorse  del  proprio  bilancio,  in   funzione   di
salvaguardia dei livelli di assistenza. 
    Sotto tutti gli evidenziati profili, quindi, emerge la violazione
degli art. 81, comma quarto, e 117, comma terzo,  della  Costituzione
che abbiamo eccepito. 
    Tanto premesso e considerato, giusta la  delibera  del  Consiglio
dei ministri in epigrafe indicata;